Sostenibilità, vivibilità e Greenwashing

A Febbraio 2022 (prima dell’invasione Russa) ho avuto la possibilità di godermi qualche giorno di meritata vacanza. Ho avuto il tempo di recuperare un po’ di segnalazioni arrivate tra Ottobre e Gennaio relative al mondo del turismo sostenibile. 

Sono usciti alcuni ragionamenti e spero di esserti utile nel condividerli. 

Leggi tutto, oppure se preferisci guarda o ascolta il video

Come cambiano le comunicazioni in Italiano e in inglese relativamente all’approccio #sostenibile al #turismo (comunemente chiamato #turismosostenibile). 

Le comunicazioni oggi (anno 2021 – 2022) su questo argomento sono molto diverse se sono in Italiano o in inglese.  Ciò che esce dalle nostre comunicazioni (in Italia) non solo pubblicitarie, ma anche e soprattutto dai #media, dai #giornali sono annunci in merito ai primi passi verso un approccio sostenibile per destinazioni, aree protette, ma anche hotel e tour operator.  Il problema è che molto spesso queste comunicazioni non hanno contesto, non spiegano il progetto in totale, ma solo la parte relativa ad una azione, ad esempio ad un’uscita a piedi, ad una visita guida. 

Parlo di #greenwashing perché  se raccontiamo solo di 1 azione, senza spiegare gli obiettivi da raggiungere moltissime persone comprenderanno che fare turismo sostenibile sia fare una passeggiata a piedi, invece che fare un tour con l’autobus privato. 

Scegliendo questa modalità si arriva a generare #disinformazione. 

In inglese il tema viene affrontato in modo più completo. Il progetto è generalmente descritto a 360°, entrando velocemente nello specifico dell’azione che si vuole promuovere, ma lasciando comunque disponibile la descrizione del contesto e la visione di medio o lungo termine che si vuole raggiungere. 

Credo che questa differenza di approccio comunicativo dipenda da un paio di fattori: 

–  da più tempo in alcuni paesi anglofoni come la Gran Bretagna (The travel Foundation 2003 e la Responsible Tourism partnership 2002), l’Irlanda (Ecotourism Irland 2006), gli Stati Uniti (The Ecotourism Society 1990) e l’Australia (Ecotourism Society 1991) si parla di sostenibilità applicata al turismo, si parla di ecoturismo. 

Non solo gli addetti ai lavori, ma residenti e comunità locale sono a contatto con questi temi da più tempo rispetto all’Italia, sono più abituati a trattare l’argomento, hanno superato la fase (necessaria) di educazione, di conoscenza, di informazione. 

–  In Italia solo poche organizzazioni si occupano di turismo sostenibile. La migliore, secondo me, è AITR Associazione Italiana turismo Responsabile. L’unica associazione che può avere in Italia la stessa forza delle altre (menzionate in precedenza). 

– Le organizzazioni internazionali (ad esempio GSTC) comunicano in inglese, alcune altre in inglese e spagnolo. Chiaramente la barriera linguistica è forte per il coinvolgimento in questo organizzazioni internazionali, almeno per la maggior parte delle persone.

Cosa fare per rendere una destinazione #vivibile (inizio a essere un po’ stufa di chiamarla #sostenibile) ?

Ogni luogo del mondo dovrebbe poter essere sostenibile, ossia permettere un’integrazione armoniosa tra uomo e ambiente, ma sappiamo molto bene che così non è. Nemmeno in quei pochi luoghi della Terra che non sono turistici spesso l’ambiente e la specie Homo sono quasi in conflitto. 

Quando parliamo di sostenibilità della destinazione spesso s’intende vivibilità nella destinazione, mentre quando parliamo di destinazione sostenibile dovremmo inserire anche il benessere dell’ambiente. Oggi, in questo post, mi voglio fermare alla vivibilità e a ciò che il settore turismo può fare per migliorare questo aspetto. 

Credo che in tanti luoghi del mondo l’unica vera soluzione sia ridurre gli ingressi, cioè RIDURRE il numero di ARRIVI. 

Faccio questa affermazione anche in quanto imprenditrice dell’ospitalità, attività che per esistere ha bisogno di persone in arrivo.  

La mia attività e l’affermazione di una necessità di riduzione degli ingressi non sono paradossali tra loro, perché: 

– la riduzione di ingressi può avvenire gradualmente, 

– la riduzione di visitatori può avvenire per priorità (esempio chi sta almeno una notte in una struttura ricettiva alberghiera o extra alberghiera registrata non dovrebbe mai aver problemi); 

– chi vuole visitare in giornata potrà arrivare a determinate condizioni (da valutare in altra sede, ma ad esempio partecipare ad eventi o registrandosi al ristorante – ad esempio facendo la prenotazione -, per l’acquisto di beni o servizi). 

 

I vantaggi di una riduzione degli arrivi sono: 

– uno strumento in più per l’analisi e la lotta al mondo sommerso delle attività in nero del settore turismo; 

– servizi meglio organizzati (come ci meritiamo) e commensurati alla quantità di gente presente (più facilmente prevedibili); 

– arrivi di persone più motivate e una strategia di marketing molto interessante per i territorio. 

L’ispirazione su questo ragionamento mi è attivata da alcuni articoli che parlano delle Isole Hawaii di Ohau e Maui che hanno una situazione sociale decisamente difficile e imbarazzante (ho potuto vedere personalmente durante un mio viaggio lì nel 2019 cosà è rimasto dell’Aloha ). Le Hawaii come Venezia, Barcellona e tante altre hanno un enorme problema di #overtourism, ma anche destinazioni come il Lago di Como e la Toscana sono decisamente a rischio.  

Le Hawaii adesso stanno lavorando ad un piano di riduzione degli ingressi per poter sopravvivere come luogo vivibile per la popolazione locale. 

So di aver affrontato in questo post un tema difficile che coinvolge overtourism, sostenibilità, crescita economica per le aziende e per i comuni, sostenibilità e sviluppo tutto con una sola proposta. 

Fare #turismosostenibile è anche questo: fare scelte difficili adesso, sapendo che il beneficio nel medio o lungo termine arriverà. 

Essere civili o responsabili? Spesso trovo elenchi e considerazioni su cosa fare per essere #turistiresponsabili, sorrido anche leggendo cosa suggeriscono questi articoli. Ogni tanto poi fortunatamente arriva anche il mio turno per una vacanza, per essere turista e mi ricordo perché è così importante continuare a scriverlo, continuare a dirlo e a ricordarlo a tutti! 

Secondo me la normalità dovrebbe essere persone educate a casa come in viaggio. Se vogliamo essere turisti responsabile il passo in più potrebbe essere capire dove stiamo andando e se e come stiamo contribuendo all’economia della popolazione del luogo che visitiamo. 

 

Io credo profondamente in questo. Credo profondamente che le regole della buona educazione siano fatte per permetterci di vivere in modo civile tra simili (persone). 

Sono però anche convita del fatto che ormai la nostra società sia talmente individualista che non ci rendiamo nemmeno più conto di avere idee diverse sulla definizione di  buona educazione e sul essere persone civili quotidianamente. 

Figuriamoci quando siamo in viaggio! 

Per questo motivo, secondo me, dovremmo tornare alle basi: 

  • cosa vuol dire essere civili?  
  • cosa vuol dire essere educati? 

Secondo me dovremmo reinserire l’educazione civica in modo possibile! 

A scuola come materia di studio, come corsi extra, come seminari o workshop, come gioco per i più piccoli, come formazione per i più grandi. 

Dovremmo monitorare e far rispettare le regole con la famosa metodologia del bastone e della carota con incentivi e punizioni per i comportamenti sbagliati. 

Nessuno è perfetto, certamente non io, ma dovremmo auspicare tutti al miglioramento, a diventare persone prima civili, poi educate, successivamente responsabili e così via.  

Cosa  mi ha spinto a questa riflessione? La realtà!

– Persone in cerca di lavoro che confermano il colloquio e poi non si presentano, senza avvertire (perché il nostro tempo non è importante!);

– enti pubblici e privati a cui invii una domanda via email e  non ti rispondono, solo perché tu magari non sai il nome e cognome di tutti i dipendenti, non sei persona importante o del loro giro e dunque ti possono anche ignorare; 

– fornitori o professionisti che contatti per avere assistenza, non solo non ti rispondono..in alcuni casi ti prendono l’appuntamento e poi non si presentano (perchè il tuo tempo non è importante e il tuo problema nemmeno, ad esempio i piatti possiamo lavarli a mano e la caldaia possiamo aspettare che smetta del tutto di funzionare).

Io dico smettiamo di lamentarci e facciamo qualcosa per cambiare le cose, iniziando dall’educazione civica!! 

Come sempre, aspetto i tuoi commenti! 

Sara – consulente per il turismo

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